Roma, 2013; ril. in cofanetto, pp. 456, 350 ill. b/n, 100 tavv. col., cm 24x28. A lungo maltrattato dalla critica, Giuseppe Cesari (1568-1640), meglio noto come il Cavalier d'Arpino, fu, in vita, tra i più importanti pittori della Roma pontificia. Notato appena adolescente nei cantieri vaticani di Gregorio XIII, la carriera di Giuseppe fu un susseguirsi di successi: favorito della casa Aldobrandini, Giuseppe Cesari fu il pittore di fiducia del Papa e del cardinal nipote Pietro. Protagonista delle vicende artistiche della capitale, animatore della vita culturale romana, la sua fama sconfinò dalle mura della città dei Papi. Essa arrivò addirittura in Francia, dove nel 1629 fu chiamato a decorare la sontuosa galleria del Palais du Luxemburg, opera eseguita poi da Peter Paul Rubes. Omaggiato dal Papa nel 1600 con il titolo di Cavaliere di Cristo, e trent'anni più tardi dall'autorità politica francese con la con la concessione della Croce e del titolo di San Michele, Giuseppe Cesari morì a Roma, dopo quasi sessant'anni di ininterrotta carriera, tra gli onori e le lodi degli intendenti d'arte, dei collezionisti, degli accademici, primo fra tutti di Giovanni Baglione, suo amico e biografo che ricorderà l'artista nelle sue Vite con un racconto ricco di annotazioni curiose sulla vita del pittore e pieno di ammirazione. Fin da giovane punto di riferimento per molti, direttore di una bottega imponente e attivissima, Giuseppe Cesari, protagonista di due secoli, fu erede della tradizione artistica del Rinascimento e spettatore, e in qualche modo precursore al contempo, di una nuova era artistica. Alcune glorie della pittura del Seicento, infatti, si formarono nel suo atelier, Caravaggio, Andrea Sacchi, Pierfrancesco Mola, solo per ricordarne alcuni. L'opera pittorica di Giuseppe Cesari, lodata dai suoi contemporanei quanto, se non di più, quella di Annibale Caracci o del Caravaggio, ha ritrovato la giusta collocazione nella storia dell'arte grazie ai numerosi contributi di H
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